Inventore di una cifra comica “senza tempo”, Duilio Pizzocchi – oggi come 30 anni fa – è uno dei personaggi più amati e longevi del cabaret romagnolo (e non solo, visto le sue ricorrenti ospitate sul palco del “Costanzo Show” e di “Zelig”).
Mentre molti comici si dissolvono come meteore, lui – creatore del leggendario “Costipanzo” – non si schioda dalla breccia, tanto che si annuncia il tutto esaurito anche sabato prossimo (30 novembre) quando, sul palco del Full Moon di Pinarella di Cervia, proporrà l’ultima edizione del suo spettacolo: “In effetti – spiega Duilio – alcuni testi che ho scritto ormai trent’anni fa restano più che mai attuali. Il segreto è non seguire le mode del momento, ma raccontare gag che parlano di noi, della gente comune, quella che al supermercato, oggi come ieri, s’imbatte in carrelli difettosi o in mogli petulanti. La verità è che certi cliché non tramontano mai e ci sono vecchie barzellette degli anni ’80 che, raccontate nel momento e nel posto giusto, fanno morir dal ridere anche oggi. Anche i miei personaggi sono macchiette d’antiquario, ma Ermete Bottazzi, la signora Novella e ‘Cactus’, quando salgono sul palco, un sorriso te lo strappano sempre”.
A proposito del “tempo che passa”, la sua è una comicità, prima di tutto, biografica, scandita cioè dalle stagioni della vita: “Il mio pubblico è cresciuto e invecchiato con me – dice – e dunque i temi, sul palco come nella vita, sono inevitabilmente cambiati. Qualche anno fa parlavo spesso di presunte liaison d’amore, oggi racconto in primis la mia vita ‘lenta’ da pensionato. Sono sposato ormai da 30 anni e i momenti d’intimità sono sempre più rari. E, ahimè, anche sempre più comici”.
I suoi repertori sono un inno al “nazional-popolare”, ma la sua anima ruspante annovera estimatori anche nei salottini più chic: “Mi trovavo qualche giorno fa in un circolo Arci emiliano e, tra i tavoli, intravedo una sagoma facilmente riconoscibile: era quella di Luca Cordero di Montezemolo che cenava assieme al figlio, poco più che adolescente. Ebbene, entrambi, hanno riso a crepapelle. Segno che le mie gag vanno oltre l’anagrafe e il classismo”.
Il suo rapporto con i social è controverso: “Fu mia figlia, diversi anni fa – ricorda – ad aprire per la prima volta in famiglia una pagina Facebook. Ma, dopo qualche giorno, venne da me sconsolata e mi disse: ‘Papà, ho solo 6 amici…’. Allora decidemmo di aprirla a nome mio e, in pochi giorni, i followers salirono a trecento. Da quel momento mi sono appassionato e, almeno un’ora al giorno, racconto via social le ‘pataccate’ della mia quotidianità. L’unica cosa che non sopporto è la litigiosità delle rete: una volta, parlando banalmente di tortellini, ho innescato una rissa verbale che è terminata solo quando, esausto, ho deciso di cancellare il post. I social un riflesso della società? Mah, credo, anzi mi auguro, che la gente sia un po’ meglio di così…”.