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Max Magnani, arriva “Max on the Block” (Acetone)

Abbiamo intervistato Max Magnani, uno degli artisti della squadra di Acetone, un’etichetta italiana specializzata da sempre in funky house. Acetone è in forte crescita nel panorama elettronico. Le classifiche di Beatport, punto di riferimento mondiale per i club, sono piene di brani di questa label, creata e gestita da Maurizio Nari e Jens Lissat. Il nuovo singolo di Max Magnani è “Max on the Block“. E’ un brano decisamente scatenato. Guarda al passato e soprattutto al futuro della musica che fa ballare… e regala grande energia.

Si parla sempre di crisi delle disco, ma Gabry Ponte quest’estate sarà a San Siro… senz’altro la figura del dj non è in crisi.

E’ vero. E poi viviamo un periodo in cui i giovani, i giovani in discoteca ci vanno poco. Spesso i club sono ormai frequentati da “ragazzi” dai 35 anni in su. Ecco perché c’è un ritorno, da qualche tempo, ai suoni anni ’90… O forse quel periodo non è mai passato di moda, visto che artisti come Albertino ed il suo Deejay Time da sempre riempiono locali e piazze. Lo stesso fenomeno lo fa vivere a modo suo Gabry Ponte, che a 50 anni e passa propone musica che nasce negli anni 90, come gli Eiffel 65 di cui faceva parte. C’è un pubblico che riconosce come sua quella tipologia di musica. 

Quando hai iniziato a fare il dj?
Ho iniziato a fare il DJ quando avevo 18 anni e ora ne ho molti di più. Ho circa quarant’anni di console alle spalle e non mi sono mai fermato. Anche nei brevi momenti di pausa, ho continuato a coltivare la mia passione in privato.

Come è cambiato il tuo essere dj?

Probabilmente, il cambiamento più rilevante è stato il passaggio dal vinile al CD e successivamente ai file digitali, la musica liquida. Questo ha trasformato l’approccio, influenzando la preparazione delle serate e il modo di viverle.

Quanti brani servono per realizzare un buon dj set?

Un tempo bisognava scegliere con cura i dischi da portare, poiché i vinili potevano diventare un ingombro! Oggi, invece, una semplice chiavetta, anche di piccole dimensioni, può contenere 2000-3000 tracce, che però non servono proprio a niente. Ciò che resta invariato è che un set in un club è diverso da quello di una festa privata; i tipi di pubblico possono variare significativamente.

Cosa conta di più per un dj, quando deve far ballare davvero? 

Un DJ deve avere, in certe situazioni, una grande apertura mentale e un ampio repertorio. Fare un DJ set in un club significa suonare per un’ora, un’ora e mezza, e “spingere”… Con l’esperienza capisci in meno tempo che direzione prendere, ecco tutto.

Come cambia la tecnica tra un supporto e l’altro?

Il nuovo hardware e software ti permettono di fare cose impensabili in passato. Con tutto il rispetto per il vinile, a me tutto questo sembra fantastico. Il Beat Matching, ovvero mettere a tempo i dischi, oggi non conta molto. Conta invece essere creativi. E grazie alla tecnologia, non è così difficile, se hai personalità.

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